Con il termine pigrizia patologica ci riferiamo a un atteggiamento di torpore e inazione, divenuto cronico e fonte di grande malessere. Analizziamolo insieme.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Con il termine pigrizia ci si riferisce a un atteggiamento fisico e mentale caratterizzato da inazione, mancanza di iniziativa, torpore e trascuratezza.
La pigrizia può infatti coinvolgere sia il corpo sia la mente e viene comunemente sperimentata da qualsiasi persona, anche più volte.
Se vissuta in maniera sana, può favorire la ricarica delle energie, il riposo, stimolare pause di riflessione, concentrarsi su sé stessi, allontanandosi, temporaneamente, da problemi e responsabilità percepiti troppo gravosi.
Pigrizia patologica: come riconoscerla?
Talvolta, la pigrizia può divenire patologica, ovvero cronicizzarsi: la persona vive una costante condizione di torpore fisico e mentale, apatia, perdita di forza di volontà, trascuratezza estrema, con emozioni di tristezza e di malinconia.
Le differenze fondamentali tra la pigrizia comune e quella patologica sono da ricercarsi nel tempo e nella diffusione nelle varie aree di vita: mentre la pigrizia “normale” ha un inizio e una fine e si manifesta in determinate sfere (ad esempio il lavoro o lo sport), la variante patologica permane per lunghi periodi e si diffonde in ogni ambito, creando malessere e influenzando negativamente le giornate.
Pigrizia patologica e comorbidità con altri disturbi
La pigrizia patologica è spesso associata ad altri disturbi, già presenti nel quadro clinico della persona: è infatti un sintomo molto comune nei casi di depressione maggiore, depressione bipolare, disturbo bipolare della personalità, obesità, disturbo dell’alimentazione incontrollata.
Identificare il disturbo primario è fondamentale per poter effettuare un lavoro terapeutico efficace.
Pigrizia patologica: quali paure nasconde?
In assenza di disturbi diagnosticati, la pigrizia patologica può nascondere alcune paure invisibili, difficili da consapevolizzare e portare alla luce.
La persona, attraverso l’inazione, applicherebbe inconsapevolmente una strategia per tenere a bada timori profondi:
- La paura di sbagliare;
- La paura di essere giudicati;
- La paura del cambiamento.
L’assenza di iniziativa, quindi, conserverebbe l’individuo in uno stato di immobilità, immobilità che, per sua natura, non comporta modifiche alle proprie abitudini e comportamenti e, di conseguenza, manterrebbe sotto controllo queste paure inconsce.
Pigrizia patologica: quali conseguenze a lungo termine?
A lungo termine, l’inazione e l’immobilità rischiano di creare conseguenze negative in ogni sfera della vita:
- Perdita di interessi, di passioni e di hobbies;
- Ritiro dalle attività sociali;
- Isolamento;
- Ritiro dalle attività sportive;
- Perdita di amicizie;
- Perdita di relazioni sentimentali;
- Riduzione delle performance lavorative, con rischi anche sulla carriera (es. demansionamento o licenziamento);
- Riduzione delle performance scolastiche o universitarie (es. bocciatura durante esami/interrogazioni);
- Sviluppo di altri disturbi, quali depressione maggiore o disturbi alimentari;
- Sviluppo di pensieri negativi ossessivi.
Pigrizia patologica e terapia
La pigrizia patologica non va assolutamente sottovalutata.
Se presente in un quadro clinico più complesso, ad esempio all’interno di una diagnosi di depressione maggiore, va trattata con attenzione e va seguita con una terapia multidisciplinare: medica e psicologica.
Purtroppo, difficilmente una persona con questo disagio decide di propria iniziativa di chiedere aiuto e di rivolgersi a un professionista, proprio a causa delle caratteristiche insite nella problematica stessa.
Il supporto esterno, magari di amici e parenti, risulta fondamentale: anche per interposta persona, è utilissimo parlare con uno psicologo e iniziare quanto prima un percorso terapeutico, anche online.
La terapia ha l’obiettivo di lavorare sui blocchi, sia mentali sia fisici, e sulle cause alla base della pigrizia, come paure, traumi o altri disturbi, fornendo inoltre efficaci strategie di azione, nel rispetto dei tempi del paziente.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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