A tutti capita di lamentarsi o di ascoltare lamentale: ma cosa accade al nostro cervello se lo facciamo troppo? Vediamolo insieme.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Lamentarsi è una strategia di sopravvivenza. A chiunque sarà capitato di sfogarsi e parlare dei propri problemi, come un fiume in piena, senza però cercare alcuna soluzione ma semplicemente desiderare di essere ascoltati così da buttar fuori tutte le preoccupazioni, le tensioni e il malessere.
La lamentela funge proprio da “purga” emotiva, liberandoci da stati mentali e inconsci pesanti e negativi.
Ma cosa accade alla nostra mente o a quella del nostro interlocutore se lo facciamo troppo spesso?
La lamentela deteriora il cervello!
Lamentarsi sempre rende, purtroppo, molto pesante la vita della persona e di tutti coloro che la circondano: partner, figli, parenti, amici, colleghi di lavoro.
Il nostro cervello, infatti, si deteriora: è stato scientificamente provato che le onde elettromagnetiche cerebrali caratteristiche della lamentela spengono letteralmente i neuroni dell’ippocampo che sono associati alla risoluzione dei problemi.
Uno studio condotto dalla Stanford University ha dimostrato che mezz’ora di lamentele può essere pericolosa sia per colui che si lamenta sia per chi ascolta: i neuroni ne risentono poiché perdono la capacità di elaborare delle soluzioni.
Essi vanno letteralmente in “modalità off”, perché il cervello, attraverso le sinapsi, cataloga gli impulsi ricevuti e reputa le lamentele di basso livello.
Nella pratica: ogni volta che ci lamentiamo rafforziamo in noi la convinzione di non avere capacità o risorse per affrontare e superare una sfida e quindi il meccanismo vizioso della lamentela si alimenta, poiché diviene l’unico modo per approcciarsi a un problema.
La lamentela diventa una dipendenza!
Essendo il nostro cervello neuroplastico, esso facilita la creazione di una vera e propria dipendenza. I nostri neuroni, infatti, stimolati sempre allo stesso modo (lamentandosi) contribuiranno a creare delle reti neuronali man mano più forti che, nel tempo, si attiveranno in automatico.
Ecco perché, di fronte a un problema, la prima soluzione che ci verrà spontanea sarà la lamentela, proprio perché è stata il frutto di un costante “allenamento” mentale.
Lamentarsi diventerà quindi il nostro comportamento predeterminato e distruggerà, come visto, i neuroni dell’ippocampo e la nostra capacità di reagire o trovare soluzioni.
Non solo: a causa dei neuroni specchio, la lamentela è contagiosa. Essere circondati, per troppo tempo, da persone con questo atteggiamento, rischia di creare in noi malessere e, nel peggiore dei casi, indurci a emularle.
Come uscire dalla lamentela?
Coloro che hanno la sensazione di possedere questa modalità, dovrebbero chiedersi quanto, effettivamente, essa sia utile nella propria vita. La risposta sarà indubbiamente negativa.
A parte lo sfogo fine a sé stesso, la “purga” emotiva di cui parlavamo prima, la lamentela provoca solo danni.
Ragionare su un problema, invece, genera soluzioni e successivo benessere: si analizzano pro e contro di una situazione, si prende coscienza delle variabili, si programmano alternative e strade da seguire.
Il cervello si attiva in tal senso, stimolando le reti neuronali connesse al problem solving, dando il via a un circolo virtuoso.
Non sempre è facile effettuare questo “switch” mentale. A volte ci si riesce da soli, altre volte si ha bisogno di un supporto.
L’importante è divenire consapevoli di questa dipendenza comunicativa e desiderare di uscirne quanto prima. Chiedere aiuto può essere il primo passo.
E se sono circondato da persone lamentose, cosa posso fare?
Le persone che ci circondando hanno il potere di influenzare la nostra vita, nel bene e nel male.
Alcune, anche se ci vogliono bene e sono molte vicine a noi, non si accorgono che, con i loro atteggiamenti, ci provocano malessere.
Questo è il caso delle persone lamentose. Cosa possiamo fare quindi?
Ognuno di noi ha il potere della scelta: impariamo a selezionare chi avere maggiormente vicino, scegliamo con cura di chi circondarci, prediligendo persone positive.
E se proprio non possiamo distaccarci, a causa di vincoli di parentela, di amicizia o di lavoro, impariamo allora a creare delle barriere emotive, diamoci delle regole e poniamo la nostra serenità in cima ai nostri bisogni.
Se necessario, spieghiamo loro che la lamentela costante ci fa del male e che, almeno in nostra presenza, dovrebbero contenersi. Si offenderanno? Pazienza. Il nostro benessere vale molto di più.
Roy Martina, famoso medico e trainer americano, racconta simpaticamente la propria esperienza con la madre, la quale ogni volta gli telefonava esclusivamente per lamentarsi dei suoi problemi e, non solo, anche per raccontargli i problemi di altre persone, che Roy neppure conosceva.
Un giorno Roy decise di dirle: “Mamma, adesso basta! Richiamami quando hai qualcosa di bello da dirmi. Ciao”.
Ci volle molto tempo prima che la madre potesse comprendere il senso di quella drastica decisione, presa però per il benessere di entrambi.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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