Molte persone hanno difficoltà a delegare: mancanza di fiducia? Bisogno di controllo? Ammissione di una debolezza? Analizziamo insieme questa dinamica.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Per delegare intendiamo non solo la “semplice” nomina di un’altra persona che viene autorizzata a eseguire un’operazione per nostro conto, ma una vera e propria dinamica psicologica che, purtroppo, pochi tendono ad apprezzare e utilizzare come forma mentis.
Eppure, secondo moltissimi studi, imparare a delegare è di fondamentale importanza per migliorare la qualità della nostra vita.
Delega come forma di debolezza
Molte persone sono erroneamente convinte che delegare sia sinonimo di un’ammissione di debolezza: “se io delego, vuol dire che non so fare qualcosa o che sono incapace”.
Nulla di più sbagliato: al contrario, rendersi conto di aver bisogno di aiuto, per qualsivoglia motivo (mancanza di tempo, stanchezza, supporto emotivo o pratico) è un segno di maturità.
In questo modo si guadagna tempo, salute fisica e mentale e si riduce lo stress.
Mancanza di fiducia nel prossimo
Altro nemico del delegare è la mancanza di fiducia nel prossimo.
Delegare richiede infatti abbandonare la rigida convinzione del “se faccio da solo lo faccio meglio”, oppure “gli altri non saranno mai capaci di farlo come so farlo io”.
Secondo una ricerca condotta da Unobravo, il 29% delle persone si sente in ansia a delegare anche le più “semplici” attività, come ad esempio mandare qualcuno al proprio posto al fare la spesa.
Solo il 19% affiderebbe ad altri questo compito, mentre il 42% solo in casi eccezionali o di urgenza.
Il segreto è invece quello di fidarsi che gli altri saranno comunque capaci di raggiungere lo stesso obiettivo, anche utilizzando strategie e modalità differenti dalle nostre.
E se anche le prime volte non dovesse andare come desideriamo, nulla toglie che possiamo parlare, consigliare, spiegare come vorremmo che le cose vengano eseguite, senza pretesa ma con comprensione.
Attenzione alle finte deleghe
Delegare deve essere una scelta sincera e sentita, mai falsa.
Molto spesso capita infatti di assistere a finte deleghe, ovvero affidare a qualcuno un compito, per poi controllare ogni suo passo del suo operato o addirittura rifarlo daccapo al suo posto una volta concluso.
Come intuibile, questo non solo tende nel tempo a peggiorare il nostro senso di fiducia nel prossimo ma, in aggiunta, aumenta il carico di stress e di ansie, in ambito lavorativo riduce lo sviluppo del team e in ambito familiare diminuisce la sintonia tra i vari membri.
Una volta ho delegato e ne sono rimasto scottato…
Alla base della difficoltà nel delegare potrebbe esserci la presenza di un evento traumatico, nel quale la persona ha delegato qualcun altro ma questa scelta si è rivelata infelice e fonte di sofferenza.
Di conseguenza, nel presente si è strutturata la convinzione “ho chiesto aiuto una volta e mi è andata male, non lo farò più”, oppure “chi fa da sé, fa per tre”, o frasi simili.
Attenzione, però, a generalizzare. Il fatto che sia capitato una volta, con una specifica persona e una specifica attività, non implica che delegare sia sempre fallimentare, anzi. Ogni volta è differente.
Consigli per l’uso
Per imparare a delegare è importante in primis essere consapevoli dei propri limiti fisici e mentali.
Se sentiamo di aver bisogno di aiuto, chiedere un supporto esterno non è sinonimo di debolezza bensì di maturità.
Impariamo a riconoscere ansia e stanchezza: sono i primi segnali che dovrebbero indurci a rivolgerci al prossimo.
Inoltre, è molto utile fare una lista di attività, suddividendole tra “primarie”, “normali”, “secondarie”. Le prime saranno esclusivamente di nostra competenza (a parte gravi impedimenti), le normali possono essere delegate in casi di stanchezza o mancanza di tempo, mentre le ultime andrebbero sempre delegate.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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