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Novembre 2021: mese di prevenzione per l’eliminazione della violenza contro le donne

Il mese di novembre è, ormai da molti anni, annoverato come il mese di prevenzione per l’eliminazione della violenza contro le donne. Vediamo insieme la situazione nel nostro Paese.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo

Gli ultimi dati, aggiornati al mese di settembre 2021, ci raccontano che in Italia sono state uccise ben 77 donne nell’ultimo anno.

Il femminicidio è un fenomeno purtroppo molto diffuso, ampio e strutturato: dal 2000 ad oggi le donne uccise sono state oltre 3400

La violenza sulle donne è soprattutto un problema culturale, frutto di ignoranza, discriminazioni, pregiudizi, omertà e (in)capacità di amare.

I tipi di violenza

La violenza, in ogni sua forma, ha gravi e importanti conseguenze, sia sulla salute fisica sia su quella psicologica di chi la subisce, conseguenze che si manifestano nel breve periodo ma anche e soprattutto nel tempo, per molto tempo, se non si interviene.

Violenza fisica: ogni forma di violenza contro il corpo o la proprietà; uso di qualsiasi azione finalizzata a far male e/o spaventare. Le aggressioni possono essere evidenti (calci, pugni, spinte), ma a volte sono più sottili e si rivolgono a qualcosa cui la persone tiene (animali, oggetti, vestiti), ai mobili o a cose che sono necessarie (es. i documenti).

Violenza psicologica: questo tipo di violenza è sempre la prima a manifestarsi ed è quella che permette lo svilupparsi delle altre forme. E’ la meno visibile e sottile perché non lascia segni sulla pelle: include intimidazioni, umiliazioni pubbliche o private, continue svalutazioni, ricatti, controllo delle scelte personali e delle relazioni sociali.

Violenza sessuale: si intende ogni forma di coinvolgimento in attività sessuali senza un reale consenso, ovvero qualsiasi atto sessuale, o tentativo di atto sessuale, commenti o avances sessuali non desiderate, o traffico sessuale, contro una persona con l’uso della coercizione.

Violenza economica: si intende ogni forma di controllo sull’autonomia economica, come ad esempio il sottrarre o impedire l’accesso al denaro o ad altre risorse basilari, sabotare il lavoro della donna, impedire opportunità educative o abitative. Tale forma di violenza induce la donna a una situazione di dipendenza, portandola a convincersi che lei non abbia i mezzi economici per soddisfare i propri bisogni di sussistenza e che debba quindi dipendere dal partner.

Violenza religiosa: genere di violenza che mira a sminuire la fede o spiritualità della vittima, impedendole talvolta di esercitare le pratiche del proprio credo religioso o imponendo le proprie.

Violenza assistita: genere di violenza, spesso mista (come fisica o psicologica), compiuta su altre figure importanti per la vittima, come ad esempio un figlio, i genitori o altre persone. La violenza assistita genera nella vittima un costante stato di ansia e stress, portandola a preoccuparsi per l’incolumità di coloro che ama.

Stalking: genere di violenza che lede la libertà e la sicurezza della vittima; lo stalking si manifesta in comportamenti controllanti messi in atto da un persecutore come, ad esempio, invio indesiderato e quotidiano di fiori, regali, pedinamenti a piedi o in auto, minacce telefoniche, tramite email, sms, appostamenti presso l’abitazione della vittima, il luogo di lavoro o altri luoghi normalmente frequentati. Spesso precede violenza fisica o femminicidio.

Le attività di prevenzione fondamentali

In Italia, purtroppo, nelle scuole non è previsto alcun percorso di sensibilizzazione ed educazione in tal senso. L’obiettivo di ogni scuola, in qualità di luogo e comunità educante, dovrebbe essere quello dell’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale, così che ognuno, fin da piccolo, possa imparare a conoscersi e a conoscere l’altro, diverso da sé, nel reciproco percorso di maturazione e crescita. Solo così si potrà rimuovere in origine ogni pregiudizio, il germe dell’intolleranza e gli insopportabili stereotipi sul rapporto uomo-donna.

A onor del vero, tali percorso sono talvolta presenti, ma esclusivamente a carico di iniziative terze, magari spinte da docenti particolarmente motivati o da associazioni di volontariato che decidono di investire in tali attività. Comprendiamo bene, purtroppo, come un momento di aggregazione e di sensibilizzazione di poche ore, difficilmente potrà lasciare davvero il segno nell’educazione dei nostri giovani.

Accanto alla formazione scolastica, è fondamentale inoltre la preparazione di tutti coloro che si occupano di sostegno e supporto alle vittime: psicologi, assistenti sociali, avvocati, medici, personale sanitario in genere e membri delle forze dell’ordine. Chi interloquisce con una donna che ha subito violenza deve avere la competenza, la formazione e la preparazione per farlo, allenandosi al non-giudizio, alla comprensione e all’empatia.

Terzo step, ma assolutamente importante quanto i primi due, è strutturare programmi di prevenzione, intervento e di recupero nei confronti degli autori di violenza, quale fondamentale strategia per proteggere le donne dai pericoli potenziali o da potenziali recidive.

E’ ormai appurato, da numerose ricerche in ambito psicologico e criminologico, come non esista la famosa “tempesta emotiva” o il famoso “raptus”. Ogni gesto, anche il più violento, ha delle radici profonde, è frutto di molte dinamiche, quali insicurezze, gelosia, invidie, manie di controllo o possessività. Ecco perché è così importante lavorare anche sugli uomini e sulle loro debolezze e mancanza di educazione affettiva e sessuale.

Educare significa prima di tutto prevenire.

Le chiamate al numero antiviolenza 1522

In Italia, nel 2006, è stato istituito il numero antiviolenza: il 1522. Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT, nel 2020 più di 49 donne ogni 100.000 si sono rivolte al numero verde perché vittime di violenza. Il tipo di violenza più denunciato è quella psicologica, seguita da quella fisica.

Numeri in aumento rispetto al 2019 e che possiamo leggere sotto due aspetti: la violenza di genere esiste, finalmente le viene dato il giusto peso e le donne iniziano a sentirsi tutelate; contemporaneamente, purtroppo, il numero di chiamate è ancora troppo basso e questo dato ci fa comprendere come in Italia ci sia un elevato grado di omertà sociale su questo argomento. Ben 9 donne su 10, infatti, non denunciano e continuano a subire violenze da parte dei loro partner.

Quali sono le cause della non denuncia?

Sempre secondo i dati ISTAT, le donne non denuncerebbero il proprio partner per diverse ragioni:

Comprendiamo bene, dunque, come le motivazioni alla base di una non denuncia possano essere davvero molteplici e, contemporaneamente, come molte di esse possano essere alleggerite o addirittura risolte lavorando preventivamente e offrendo dei servizi adeguati alle donne.

Il giudizio della comunità, della famiglia, la paura di una ripercussione, sono paure enormi per una donna, che rischia di essere bollata ingiustamente con ogni ingiuria immaginabile, da una società ancora bigotta e legata a tradizioni ormai desuete.

25 novembre: Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Nel 1999, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituto la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, fissata il 25 novembre di ogni anno.

In questo giorno, si organizzano di norma moltissime attività sul tema, di prevenzione e di sensibilizzazione, necessarie per smuovere l’opinione pubblica e informare la popolazione tutta.

In molti Paesi, come l’Italia, il colore esibito in questa giornata è il rosso e uno degli oggetti simbolo è rappresentato da scarpe rosse da donna. L’idea è nata da un’installazione dell’artista messicana Elina Chauvet, Zapatos Rojos, realizzata nel 2009 in una piazza di Ciudad Juarez, e ispirata all’omicidio della sorella per mano del marito.

Il ruolo dello psicologo nei confronti delle vittime di violenza

In qualità di psicologo, così come tutti gli operatori che si occupano di questa delicata dinamica, ho l’importantissimo ruolo di accogliere, comprendere e supportare le vittime di violenza.

Il percorso è spesso multidisciplinare: il supporto offerto è di natura sì psicologica, ma anche legale, sociale e assistenziale, grazie alla collaborazione con altre figure professionali.

La donna che denuncia o che contatta una psicologo, qualsiasi sia la forma di violenza subita, non deve mai sentirsi abbandonata e deve inoltre sentirsi al sicuro sotto ogni punti di vista.

Se hai subito una violenza, o vuoi inviarci una richiesta di aiuto per conto di una tua conoscenza, puoi contattarmi o contattare l’Associazione “Fermi con le Mani” con la quale collaboro attivamente.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo

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