Scopriamo insieme la Selfie Dismorfia, ovvero percepirsi imperfetti dopo un selfie e ricorrere sempre di più all’uso dei filtri.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Si chiama Selfie Dismorfia, una recente dinamica psicologica che colpisce moltissime persone che utilizzano lo smartphone come strumento per fare delle foto.
Il selfie, ovvero scattare una foto posizionando la fotocamera del proprio cellulare che punta verso il proprio viso, è ormai una vera e propria abitudine e moda dell’ultimo decennio. Gli scatti che ci ritraggono vengono poi pubblicati su internet, sui social, inviati ad amici e parenti, come dimostrazione di ogni genere di attività che stiamo svolgendo o stato d’animo che stiamo provando. Un’istantanea di un preciso momento, che desideriamo condividere con il mondo.
Fin qui, tutto bene. Ma quando farsi un selfie può divenire un comportamento rischioso?
La Selfie Dismorfia
In alcune persone, purtroppo, si attiva un’ossessiva ricerca per la perfezione: il selfie deve rappresentare il meglio di come si possa e si debba apparire, senza quindi alcun genere di difetto.
La foto scattata diviene un biglietto da visita che deve essere inattaccabile, non criticabile e fonte di attrazione.
Ecco che, quindi, la spasmodica attenzione verso la perfezione ha nel tempo dato vita a un susseguirsi di comportamenti che, talvolta, si avvicinano al bizzarro:
- ripetere una foto anche decine di volte, senza mai essere soddisfatti del risultato;
- lamentarsi dell’amico/partner che scatta la foto perché secondo noi non è bravo/capace;
- lamentarsi dei propri difetti che, sempre secondo noi, la foto mette in risalto;
- focalizzarsi su alcuni difetti specifici, ad esempio: “ma che nasone che ho”, “no, questa foto no! Si vede che ho la pancia!”, “oddio che brutta foto, si vedono i fianchi grossi”.
- preoccuparsi di quello che potrebbero pensare gli altri non appena guarderanno la foto pubblicata;
- usare filtri che modificano, fino a rendere innaturale la foto, come ad esempio ringiovanire la pelle, ritoccare colore/luminosità ecc., cambiare il colore degli occhi e così via.
Come agisce nella nostra mente la Selfie Dismorfia
Nel tempo, questa continua ricerca della perfezione attraverso i selfie, rischia di modificare anche il nostro modo di percepire noi stessi, generando:
- Una percezione falsata di sé;
- Un’ossessione al ritocco delle foto, utilizzando i filtri;
- Dare molta più importanza ai nostri “avatar” digitali, invece che al nostro reale “Io”;
- Aumentare il peso del giudizio esterno;
- Diminuire la nostra autostima, cercando inconsciamente di riempire i nostri vuoti grazie ai complimenti ricevuti dagli altri;
- Essere sempre esteticamente perfetti, sulla base di canoni proposti dai media e non soggettivi.
Chi soffre di Selfie Dismorfia?
Secondo gli studi, i soggetti più predisposti sono gli Under 25 i quali, in media, utilizzano maggiormente i social e il web come una “seconda casa” digitale.
Uomini e donne possono soffrire allo stesso modo di Selfie Dismorfia. Un’errata percezione del proprio corpo non ha preferenze di genere sessuale.
Il disturbo da dismorfismo corporeo
Quando la persona che soffre di Selfie Dismorfia non riesce più a separare la propria immagine reale da quella postata sui social, vivendo una reale difficoltà nel riconoscere il proprio volto allo specchio, è possibile che si stia sviluppando un disturbo più grave, che prende il nome di Disturbo da Dismorfismo Corporeo.
L’intenso disagio che questa condizione provoca può avere risvolti molto pesanti e pericolosi per la nostra salute mentale.
Questo disturbo genera infatti una eccessiva preoccupazione per un presunto difetto fisico (che in alcuni casi può essere del tutto inesistente), assumendo un carattere ossessivo che, in alcuni casi, impedisce addirittura alla persona di uscire di casa per evitare il giudizio esterno.
Non solo: secondo recenti studi, il 25% delle persone affette da questo disturbo, decidono di ricorrere alla chirurgia estetica, pur di risolvere un difetto che (molto spesso) neppure hanno!
Dismorfismo corporeo e psicoterapia
Facciamo una premessa fondamentale: ritoccare ogni tanto una nostra foto, utilizzando i filtri, non è per nulla patologico, anzi. E’ più che normale modificare i nostri scatti e pubblicarli, con quel mix di curiosità e divertimento, fantasticando su quello che gli altri potrebbero dire di noi.
Il problema nasce quando, tutto questo, diviene un’ossessiva abitudine che genera in noi malessere, ansia, preoccupazione e dispercezione del nostro corpo.
Parlarne con uno psicologo potrebbe essere utile, così da comprendere quali dinamiche mentali stanno guidando questi schemi disfunzionali, come fare per ricaricare la nostra autostima e rivalutare l’idea di noi e del nostro corpo.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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