L’ipocognizione è una caratteristica mentale di alcuni individui che non riescono a dare un nome a ciò che stanno provando.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Si usa dire che il linguaggio sia lo specchio della mente. Assolutamente vero, considerando che, grazie alle parole, ognuno di noi esprime il proprio mondo interiore e lo condivide con il prossimo.
Dalle cose più semplici, ad esempio conoscere il nome di un cibo o di un animale, a quelle più complesse, ad esempio parlare di uno stato d’animo, l’essere umano usa il linguaggio per dare una forma, un senso al suo vissuto e, quando necessario, saper chiedere aiuto e descrivere un malessere.
A volte, però, questo non accade.
Il caso degli abitanti di Thaiti
Negli anni ’50, l’antropologo e psicoterapeuta americano Robert Levy condusse una ricerca sulla popolazione dell’isola di Thaiti, poiché si era registrato in quel periodo un alto tasso di suicidi.
Ciò che scoprì è che gli abitanti sapevano dare un nome al dolore fisico ma avevano notevoli difficoltà, o addirittura impossibilità, a parlare del dolore psicologico/emotivo, poiché il loro vocabolario non comprendeva termini adeguati.
In sintesi: provavano malessere mentale, ma non sapevano né come consapevolizzarlo né come descriverlo e quindi come chiedere aiuto.
Questa impossibilità, nel tempo, aveva aumentato il tasso dei suicidi sull’isola, poiché i thaitiani non riuscivano a convivere con una sofferenza senza nome e senza apparentemente alcuna soluzione.
Il dott. Levy chiamò questa caratteristica ipocognizione, ovvero poca cognizione o bassa cognizione.
L’ipocognizione nella vita di tutti i giorni
Nessuno possiede l’onniscienza e la conoscenza totale di ogni vocabolo. Al contrario, però, moltissime persone, anche oggi nel 2023, hanno difficoltà nel saper raccontare un vissuto emotivo, utilizzando o termini sbagliati, confondendoli con altri, o non riuscendo a trovare la parola corretta.
Essendo la psiche una materia di studio molto più giovane rispetto al corpo, va da sé come gli esseri umani, negli anni, abbiano imparato a saper descrivere i propri malesseri fisici in una maniera più semplice e immediata, tralasciando, anche per cause culturali, l’attenzione alla propria interiorità.
Per assurdo, basterebbe dire: “mi fa male qui”, indicando un punto del corpo.
Ma con la mente, come facciamo?
L’importanza di apprendere ed elaborare nuovi concetti
Dimenticare per un attimo il nome del sale non è un dramma. Ci serve il sale? Basta indicarlo. O, male che deve andare, mangeremmo per una volta insipido.
Abbiamo mal di pancia? In molti casi, anche se non riuscissimo a esprimere con esattezza quello che stiamo provando, un medico potrebbe svolgere esami adeguati e scoprire cosa ci fa soffrire.
Immaginiamo invece di provare un malessere emotivo e non saperlo in primis identificare e poi descrivere, né a chi ci sta vicino, né ai medici, né a noi stessi.
Il tempo passa, ma la sofferenza permarrebbe, invisibile a qualsiasi tac, ecografia, elettroencefalogramma, elettrocardiogramma. Staremmo peggio, giorno dopo giorno, senza riuscire a trovare alcuna soluzione né saper chiedere aiuto.
Altre persone, invece, confondono le parole, usando termini inadatti per indicare ciò che stanno vivendo e creando confusione in chi le ascolta.
L’esempio più comune è quello dell’attacco di panico: moltissimi che ne soffrono non riescono a identificarlo come tale, non sanno come descriverlo, spesso lo confondono per un malessere di natura fisica e si trovano in grande difficoltà nel saper chiedere aiuto.
Ecco, quindi, l’importanza del linguaggio: ognuno di noi dovrebbe imparare nuovi termini adeguati, così da riuscire a raccontare, se necessario, uno stato d’animo o un malessere emotivo.
Informarsi, leggere, studiare, sono i primi passi per questo gradino più alto di conoscenza. Anche i non addetti ai lavori hanno quindi il dovere morale, per amor proprio, di aumentare il loro bagaglio culturale, apprendere nuovi termini, conoscere la differenza tra le varie emozioni, i principali disturbi e allenarsi all’introspezione.
Parlare di sé stessi, esprimere con parole i propri pensieri e stati emotivi richiede una padronanza del linguaggio leggermente più alta della media. Facciamolo per noi: le parole costituiscono il nostro stesso pensiero e hanno un potere enorme sulle nostre vite.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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