Generalmente si tende a pensare che l’unica forma di violenza sia quella fisica: in realtà ne esistono moltissime forme, tra cui quella psicologica. Vediamola insieme.
La violenza è, ahimè, una costante sempre presente nelle relazioni umane. Essa può presentarsi in molte forme, alcune delle quali non visibili: violenza fisica, sessuale, psicologica, emotiva, economica e molte altre.
La violenza psicologica è quella che spesso non lascia segni percepibili sulla pelle, bensì nella mente e nella psiche di chi la subisce: critiche, accuse, mancanza di rispetto, svalutazione, menzogna, ricatti, controllo della libertà personale, sono alcune modalità attraverso le quali essa si manifesta.
Colui/colei che agisce violenza psicologica, opera una forma subdola di maltrattamento che ha come obiettivo la sopraffazione dell’altro/a, minandone il valore personale, l’identità e l’autostima.
Molti tendono a sottostimare questo genere di violenza: in realtà essa esiste, è forte, comune e genera molti danni, più di quanti se ne possano immaginare.
I contesti nei quali possiamo trovarla sono molteplici: in primis, senza dubbio, nelle relazioni di coppia, nelle quali uno dei due partner spesso assume il ruolo del “carnefice”; nei luoghi di lavoro, ad esempio tra colleghi o nel rapporto con il proprio responsabile; oppure a scuola, con i compagni di classe o con gli insegnanti; oppure in famiglia, nella diade genitore-figlio. Di esempi, purtroppo, ne abbiamo moltissimi.
La violenza psicologica usa le parole come arma: essendo la voce, per definizione, qualcosa di non tangibile, rende questa forma di maltrattamento difficile da percepire e le vittime hanno spesso grandi problematicità a dimostrare tali forme di abusi.
Le conseguenze negative, infatti, non essendo oggettive come può esserlo un livido o una ferita sul corpo, rientrano nel campo della soggettività, della mente e della psiche umana.
È quindi importante, sia per i professionisti sia per tutti coloro che magari conoscono una potenziale vittima, saper riconoscere questo genere di violenza.
Quali sono i maltrattamenti psicologici più comuni?
- Umiliazione e critica: questo avviene quando il maltrattante svaluta continuamente l’altro/a, sminuendo tutto ciò che egli/ella fa, ad esempio nel lavoro, negli studi, nei suoi interessi, come se non significassero niente o fossero considerati qualcosa di irrilevante; colui/colei che agisce violenza usa spesso commenti negativi, usando anche sarcasmo e messe in ridicolo, fino ad arrivare agli insulti, da soli o davanti ad altre persone; inoltre, e non per ultimo, il maltrattante attua continui comportamenti in modo da sentirsi superiore, così da svalutare ancor di più l’altro/a.
- Controllo: per controllo si intende quell’insieme di comportamenti atti a monitorare gli spostamenti dell’altra persona, pretendendo anche un resoconto costante della propria attività telefonica o informatica (es. chiamate, messaggi, whatsapp, internet, social network ecc.); l’obiettivo è quello di supervisionare le interazioni sociali dell’altro/a, impartendo ordini o lezioni su ciò che sia giusto fare o non fare con le altre persone, nel modo di vestire, di parlare, di comportarsi, e così via.
- Imprevedibilità del comportamento: colui/colei che agisce questo genere di violenza spesso alterna momenti di grande rabbia a momenti di grande affettività e gentilezza che lasciano confusa e disorientata la vittima.
- Gelosia patologica: tendenza a esercitare un dominio e un possesso nei confronti dell’altro/a.
- Accuse e negazione: tendenza ad attribuire alla vittima le cause dei problemi della relazione, che sia di coppia, familiare o lavorativa.
- Gaslighting: con questo inglesismo, si intende il meccanismo attraverso il quale il maltrattante spinge la vittima a dubitare di sé stessa mediante una strategia comunicativa volta a farle credere di essere pazza e sbagliata.
- Negazione dell’abuso: attraverso questa strategia, colui/colei che agisce violenza tende a negare ogni forma di abuso, accusando invece la vittima di prendere troppo sul serio ciò che sta accadendo.
- Trascuratezza emotiva e isolamento: spesso il maltrattante attua dei comportamenti che hanno l’obiettivo di far sentire la vittima isolata e trascurata, ad esempio attraverso il silenzio, ovvero interrompendo la comunicazione ignorando ogni tentativo di dialogo, oppure, nei casi più gravi, isolare l’altro/a dalla cerchia di amici o familiari, addirittura mettendoglieli contro.
Quali sono le conseguenze psicologiche sulle vittime?
La prima sensazione che una vittima prova è senza dubbio quella dell’impotenza: sembra di vivere un loop senza uscita, nel quale qualsiasi tentativo di salvezza viene subito eliminato dall’abusante.
Creando una fragilità emotiva e psicologica, il maltrattante crea nell’altro/a una condizione di dipendenza, dalla quale è difficile liberarsi.
La vittima tende quindi a sentirsi sempre in colpa, come se stesse facendo costantemente qualcosa di sbagliato o, peggio ancora, come se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in lei per ricevere un trattamento simile.
Ansia, colpa, vergona, fanno quindi da padrone: nel tempo, esse possono evolvere fino a divenire patologie più gravi, quali disturbo depressivo maggiore, disturbi del sonno, e disturbo da stress post-traumatico.
Come reagire alla violenza psicologica?
L’abuso emotivo, come qualsiasi altra forma di violenza, cresce nell’oscurità: se nessuno ne parla, lo denuncia, ha il coraggio di affrontarlo, esso continuerà a mietere vittime senza sosta.
Perché lasciare che gli effetti di attacchi simili facciano parte della propria vita? Quanto tempo continuare a sopportare? Per quanto tempo continuare a permettere di riempire la propria autostima di offese, critiche, umiliazioni?
Uscire da una relazione violenta è molto, molto difficile, ma assolutamente non impossibile. Il primo passo è riconoscerla, permettere alla propria consapevolezza di comprendere la situazione nella quale si è.
Se, leggendo questo articolo, senti di star vivendo un’esperienza simile o, in altri casi, conosci alcuni tuoi amici o parenti che la stanno vivendo, chiedi aiuto. Questo è, indubbiamente, il primo passo verso la libertà.