Perchè preferisco usare il termine “cliente” e non quello di “paziente”
Tratto da Dizionario Internazionale di Psicoterapia (G. Nardone, A. Salvini)
“Il termine cliente compare in psicologia clinica con l’avvento degli approcci umanistici […]. Lo intruduce C.R. Rogers, con il suo modello di psicoterapia fondata sul cliente, perchè lo considera più adatto alla sua idea di soggetto attivo, responsabile e compartecipe al processo di cambiamento, rispetto a quello allora in uso “paziente”, inteso come come soggetto passivo che si affida alle cure dell’esperto, il quale, dall’alto delle sue conoscenze, dirige l’andamento della terapia. Secondo l’approccio umanistico ed esistenziale, il terapeuta non dovrebbe svolgere il ruolo di esperto, di giudice di ciò che è “sano” o “malato”, ma piuttosto agevolare il cliente nell’esprimere le sue innate capacità di autoregolazione e autorealizzazione. Indipendentemente dall’orientamento terapeutico seguito, questo termine viene oggi preferito a quello più classico di “paziente” da molti psicoterapeuti, sia per sottolineare la natura non medica del proprio intervento, sia per evitare di patologizzare il soggetto. L’accezione più ampia del termine “cliente”, rispetto a quella di “paziente”, sottolinea la possibilità che possa rivolgersi ad uno psicoterapeuta anche una persona con difficoltà non necessariamente caratterizzate da vere e proprie psicopatologie […]”.