La perdita del proprio animale domestico viene spesso vissuta come un lutto ed è causa di grave sofferenza. Come superare questo dolore?
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Nel nostro Paese, circa il 50% delle famiglie vive con un animale domestico o, usando un inglesismo, con un pet: cani, gatti, pappagalli, porcellini d’india, criceti, maialini e altri ancora.
Inoltre, secondo una recente ricerca condotta da Assalco Zoomark nel 2022, nel 96% dei casi l’animale viene considerato un vero e proprio membro della famiglia, creando con lui una relazione d’affetto ed emotiva equiparabile a quella che si instaura tra due persone.
Gli studi in ambito psicologico parlano chiaro: essere a contatto con un pet aumenta di molto il benessere psicologico, fisico e le relazioni sociali, tanto che essi vengono utilizzati enormemente anche in campo terapeutico.
Del resto, gli animali domestici sono più di semplici animali ma sono compagni fedeli, fonte di affetto e la loro presenza riempie la vita di gioia ed amore incondizionato.
Ecco perché, quando vengono a mancare, si vive un sentimento di perdita, una sofferenza paragonabile a quella di un vero e proprio lutto.
Questa dinamica viene definita dalla psicologia con il termine Pet Loss.
Il lutto per l’animale domestico
Quando un animale domestico muore, il proprietario e i membri della famiglia sperimentano l’esperienza del lutto.
Così come quando viene a mancare una persona cara, si attiva un processo interiore di elaborazione della perdita, che la psicologia identifica con le cinque fasi di elaborazione del lutto, teorizzate dalla psichiatra Elizabeth Kübler Ross.
- Inizialmente, si tende a negare l’accaduto, rimanendo increduli, quasi rifiutando quanto successo, pur di difendersi dalla sofferenza;
- Poco dopo, l’emozione della rabbia prende il sopravvento: ci si sente in colpa, ci si chiede se si sarebbe potuto fare di più, si avverte un senso di ingiustizia che tendiamo a sfogare in qualche modo;
- Dopo giorni o settimane, si inizia un processo di “patteggiamento” con sé stessi: si vive il dolore in maniera differente e si guarda avanti;
- Successivamente, l’emozione primaria diviene la tristezza: un processo obbligatorio per poter elaborare correttamente il lutto, in quanto ci fa prendere atto della perdita subita e del vuoto che ha lasciato;
- Infine, vi è l’accettazione: in questa fase finale, che può giungere anche dopo mesi, si reagisce definitivamente al dolore e si riprende in mano la propria vita.
Gli ostacoli di una corretta elaborazione del lutto di un animale domestico
Così come per l’elaborazione del lutto di un essere umano, anche per un pet possono sopraggiungere degli ostacoli, che rallentano o addirittura bloccano il processo.
- Animale come ricordo di un precedente legame: se l’animale scomparso ci è stato regalato da un parente/amico/partner che adesso non c’è più, si genera un legame doppio, sia con il pet sia con la persona scomparsa. Ecco che, quindi, la morte dell’animale domestico potrebbe essere più difficile da superare in quanto ci mette di fronte all’elaborazione del lutto presente unita al ricordo di un lutto passato;
- Eutanasia: accettare l’eutanasia del proprio pet è una scelta dolorosa e difficile. La persona deve dare il proprio benestare al veterinario e questa decisione rischia di generare, in seguito, pesanti sensi di colpa;
- Morte per incidente: quando il pet viene a mancare a causa di un incidente, nella persona si attivano una serie di pensieri negativi che hanno a che fare con il senso di responsabilità, del tipo “sarei potuto stare più attento”, “non avrei dovuto lasciarlo uscire di casa quel giorno”, “ho dimenticato la porta di casa aperta” e così via. Si tenderà, spesso, a prendersi le colpe e questo, come intuibile, non facilita l’elaborazione;
- Malattia: anche i nostri animali domestici sono soggetti a malattie, alcune delle quali, ahimè, incurabili. Quando questo accade, il proprietario accompagna il proprio fedele compagno lungo tutto il percorso che lo porterà, piano piano, a spegnersi definitivamente, causando una notevole sofferenza;
- Morti ambigue: alcune volte, purtroppo, i pet muoiono a causa di circostanze ambigue. L’esempio più comune è quello degli avvelenamenti, perpetrati spesso da sconosciuti malintenzionati, da ladri di appartamenti o da persone alle quali l’animale stava dando fastidio. Questo lutto lascia il proprietario con un senso di incertezza, senza una spiegazione, senza un responsabile dell’accaduto, rischiando di rallentare l’elaborazione della scomparsa;
- Sminuimento del lutto da parte degli esterni: in maniera del tutto errata, molte persone considerano la perdita di un animale come secondaria, non abbastanza grave da provare malessere; a volte, coloro che ci circondano, tendono a sminuire l’accaduto, causandoci maggiore sofferenza.
Conseguenze sulla psiche di una mancata elaborazione del lutto
Un’elaborazione del lutto rallentata, o addirittura bloccata, rischia di provocare conseguenze negative sulla psiche della persona. I pensieri sono spesso focalizzati sull’animale scomparso, i sensi di colpa fanno da padrone e la vita sembra priva di ogni significato.
- Stato d’animo depressivo: il lutto bloccato dà vita a un profondo stato d’animo depressivo, con tristezza persistente (quindi non sana), perdita di interesse per la quotidianità e difficoltà a dormire;
- Ansia: in alcuni casi è possibile sviluppare sintomi d’ansia e veri e propri attacchi di panico;
- Isolamento: una mancata elaborazione del lutto può comportare una tendenza a chiudersi socialmente, preferendo la solitudine;
- Senso di colpa: molte persone, soprattutto se la morte del pet è avvenuta per incidente o eutanasia, possono nutrire forti sensi di colpa, riempendo la propria mente di dubbi e di domande, rimpianti e rimorsi.
I campanelli di allarme: quando chiedere aiuto?
Come accorgersi se l’elaborazione del lutto sta andando troppo a rilento o si è addirittura bloccata?
Vediamo insieme i principali campanelli di allarme, da cogliere assolutamente così da chiedere aiuto a un professionista.
- Prolungamento del lutto per un periodo superiore a un anno: uno dei segnali è senza dubbio il tempo; statisticamente, il tempo massimo per una sana elaborazione del lutto per un animale domestico è di un anno. Se questo periodo dovesse prolungarsi, con annesso dolore e senso di perdita, interferendo anche con il benessere quotidiano, è consigliato chiedere un supporto esterno;
- Sintomi fisici: se si sono sviluppati sintomi che prima non c’erano, questo è un segnale assolutamente da non sottovalutare. Mal di testa, insonnia, problemi digestivi, disturbi alimentari, sono solo alcuni esempi di psico-somatizzazioni del lutto, ovvero un modo per nulla sano di elaborarlo;
- Pensieri negativi ricorrenti: se la mente si è sovraffollata da pensieri negativi, rimorsi, rimpianti, sensi di colpa, pensieri autodistruttivi, si ha una tendenza all’isolamento e, inoltre, tutto ciò tende a non attenuarsi nel tempo bensì persiste, chiedi aiuto;
- Sviluppo di dipendenze: lutto e dipendenze vanno, ahimè, spesso di pari passo. Secondo le ricerche, infatti, molte persone sviluppano nuove dipendenze o peggiorano quelle già in essere a causa di una perdita. Se ci si accorge di ciò, è un segnale allarmante.
Pet Loss e psicoterapia
Un percorso psicoterapeutico è un’ottima scelta per chi abbia difficoltà a elaborare in maniera sana il lutto del proprio animale domestico.
Come visto, infatti, l’esperienza di Pet Loss è paragonabile a quella di qualsiasi altro lutto.
Grazie all’aiuto di un professionista, la persona impara a gestire il proprio dolore, senza censurarsi né ingigantirlo, vivendo le emozioni (rabbia e tristezza) in maniera sana e non distruttiva.
Si riprende, nel tempo, in mano la propria vita, la propria quotidianità, senza farsi sopraffare da sensi di colpa o rimpianti.
In molti casi, si genera inoltre un blocco nel voler prendere un nuovo animale domestico, convinti di non riuscire ad affrontare un’altra perdita. Grazie alla psicoterapia questo blocco viene superato e la persona si dà il permesso, quando pronta, di far entrare nella propria vita un altro fedele compagno.
Se senti di aver bisogno di un supporto, puoi contattarmi.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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