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Come mai ci innamoriamo sempre delle persone sbagliate?

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Può capitare di innamorarsi di persone sbagliate: ma come mai questo accade? Come mai attiriamo sempre partner tossici?

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

Sarà capitato senza dubbio a ognuno di noi di innamorarsi di una persona “sbagliata”, di soffrire per amore, di credere in una storia purtroppo senza lieto fine, di essere traditi o subire cocenti delusioni.

Fa tutto parte del processo di evoluzione, di maturità sentimentale che ogni individuo compie per comprendere cosa desidera realmente dall’altro/a.

Ma cosa accade quando tutto questo si trasforma in una spiacevole regola? Come mai ogni partner che si attrae è sempre sbagliato e ci fa soffrire?

Molto probabilmente sussiste una causa inconscia.

Il partner “sbagliato”

Con il termine sbagliato non si intende un partner oggettivamente negativo, bensì una persona con tratti caratteriali, comportamentali, di personalità ed emotivi incompatibili con noi, non idonei a costruire un rapporto di coppia sano ed equilibrato.

Ogni individuo, infatti, possiede una sua unicità che lo rende speciale, nel bene e nel male.

“Attiro sempre i narcisisti”, “mi trattano tutti male”, “mi hanno sempre tradito/a”, “le mie relazioni durano sempre poco”, “trovo sempre persone che non vogliono impegnarsi”, “trovo sempre persone ancora legate all’ex” e così via.

Questi sono solo alcuni esempi di frasi che possiamo esprimere, spesso lamentandoci. La verità, invece, non è da ricercarsi in ciò che ci è accaduto finora o nell’altro partner: smettiamo di incolpare gli altri delle nostre storie finite ma iniziamo a guardarci dentro. La calamita che attira le persone “sbagliate” è dentro di noi.

La bassa autostima e la solitudine

Una delle principali cause di una relazione fallimentare è la bassa autostima.

Una scarsa idea di sé stessi, un’insufficiente valorizzare i propri bisogni e ideali, crea in noi la convinzione “nessuno mi vuole, nessuno mi ama, accolgo chiunque entri nella mia vita”.

Ecco che, quindi, si tende ad accontentarsi di qualsiasi partner che ci dia anche una minima attenzione, facendoci sentire importanti, proprio perché non siamo in grado di farlo autonomamente.

Così facendo, si arriva spesso a tollerare l’intollerabile, pur di avere qualcuno al nostro fianco. Tutto ciò genera una spirale negativa, un circolo vizioso.

Pur di riempire la solitudine causata dalla bassa autostima, continueremo a resistere, disattivando qualsiasi giudizio critico e accettando qualsiasi cosa.

Infine, al termine della relazione, saremo ancora più convinti di non valere nulla e, dopo un periodo di pausa, saremo di nuovo pronti ad accogliere nella nostra vita chiunque ci dia attenzioni, replicando le schema.

Riempire i vuoti emotivi

Un’altra importante causa, che agisce a livello inconscio, è quella di ricercare un partner che riempia i nostri vuoti emotivi, spesso lasciati da precedenti storie o dai nostri genitori.

Questi vuoti possono essere carenze di attenzioni, emotive, affettive, sessuali, progettuali.

Apparentemente, tutto ciò potrebbe sembrare utile, ovvero ricercare una persona che ci aiuti a sentirci completi.

In realtà, sarebbe molto meglio, terapeuticamente parlando, essere autonomi in tutto ciò, cercando il più possibile di percepirsi integri, senza il bisogno del supporto di un’altra persona.

Il rischio, infatti, è quello di creare una dipendenza e pericolose convinzioni del tipo “solo tu mi fai stare bene”, “solo con te mi sento completo/a”, “grazie a te mi sento vivo/a”.

Cosa accade, poi, quando la relazione termina? Questi vuoti urlano ancor di più, facendo sentire la loro oscura presenza. Inconsciamente tenderemo, prima o poi, a ricercare un’altra persona capace di riempirli, replicando lo schema disfunzionale.

Replicare lo schema genitoriale

Un tema molto caro alla psicoanalisi: come affermava il maestro Sigmund Freud, molto spesso ricerchiamo nell’altro partner tratti in comune con quelli dei nostri genitori e, nello specifico, con quello con il quale abbiamo avuto particolari conflitti.

Secondo questa teoria, infatti, questa modalità inconsapevole di agire servirebbe a guarire ferite emotive vissute durante la nostra infanzia/adolescenza.

Fare esperienza di un partner simile a nostro padre o nostra madre, ci permetterebbe così di affrontare nuovamente quegli schemi disfunzionali e imparare a disinnescarli, maturando sentimentalmente.

Il problema nasce quando non si riesce a cogliere l’insegnamento e a imparare a lasciare andare: persone troppo simili ai nostri genitori andrebbero conosciute, vissute quel tanto che basta per guarire le vecchie ferite e poi “salutate”, senza che rimangano nella nostra vita per un tempo eccessivo.

A volte, invece, tendiamo a mantenere stretti a noi questi partner, riaprendo anziché sanando antichi malesseri.

Ricercare sempre il primo imbattibile amore

Altra tendenza, assolutamente da risolvere, è quella di ricercare inconsciamente un partner che assomigli e rievochi il nostro primo e imbattibile amore.

Molto spesso, questa persona è colui/colei con il quale abbiamo avuto il primo rapporto sessuale, un evento della vita di ognuno che ci segna indelebilmente.

Andando avanti con gli anni, si corre il rischio di attirare a sé solo persone che rievochino questo ex, tendendo a fare continui paragoni con lui/lei, cercare partner con tratti caratteriali/personologici simili e aumentando il nostro senso di frustrazione in una ricerca senza mai fine.

Ricordiamo che se una storia d’amore è finita è perché non ha funzionato: perché allora cercare di ripeterla?

Il consiglio dello psicologo

Tutti noi abbiamo alle spalle relazioni d’amore finite male, amori platonici, ex “storici” mai dimenticati.

Il nostro passato non deve però condizionarci come individui: dobbiamo imparare che siamo unici, con valori, idee e bisogni specifici.

Mano a mano che maturiamo e ci muoviamo attraverso il nostro ciclo di vita, dovremmo avere chiaro cosa vogliamo e cosa ci aspettiamo dall’amore.

E’ impossibile amare qualcuno se prima non si ama se stessi.

Bisogna inoltre ricordare come l’amore non sia sofferenza, non segue la contorta logica del “più soffro più amo”, purtroppo veicolata per secoli da poesie, romanzi e film.

Se l’amore ci fa soffrire, vuol dire che non è rivolto alla persona giusta. Guardiamoci attorno, impariamo a volerci bene di più.

E se tutto ciò non dovesse funzionare, forse dentro di noi ci sono ancora dinamiche inconsce profonde che ci influenzano, delle quali non siamo consapevoli e che ci fanno attirare sempre persone “sbagliate”.

Chiedere aiuto a uno psicologo è un’ottima soluzione per fare luce sul nostro mondo interiore e guarire queste ferite.

© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari

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