Scopriamo insieme “Bo Burnham: Inside”, un particolare comedian musical che ci racconta la vita di un uomo costretto all’isolamento a causa della pandemia.
A cura di Sara Alicandro – scrittrice, cinefila e saggista dello spettacolo
Supervisione e approfondimenti: Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Un prodotto decisamente singolare l’ultima creazione dello stand-up comedian americano Robert “Bo” Burnham, senza dubbio una delle opere più particolari e meno incasellabili mai viste finora.
“Inside” dovrebbe essere uno speciale comico. Dovrebbe. Almeno così lo descrive Netflix. Ma questa descrizione risponde a verità?
Una premessa fondamentale prima di iniziare: Bo Burnham ha girato il tutto nel corso del primo anno di pandemia globale da COVID-19, arco di tempo in cui egli era ovviamente chiuso in casa e in totale isolamento.
Cos’è “Inside”?
Difficile restituire un’idea efficace di cosa sia “Inside”: ha alcuni tratti di un one-man musical, ma non ha la linearità necessaria per essere definito tale; ha del cabarettistico, ma è troppo privato e intimista per essere relegato anche a quel tipo di universo. Però quello che “Inside” si rivela essere è sicuramente un viaggio emotivo nella quotidianità anomala di un anno a dir poco anomalo di un uomo qualsiasi che, nella fattispecie, rappresenta ognuno di noi.
“Inside” è un racconto emotivo, complesso, claustrofobico, a tratti volutamente imbarazzante, che mette al nudo il suo creatore assieme alle sue più recondite insicurezze, i suoi momenti di crisi e le sue fragilità; e lo fa in un modo così dissacrante e geniale che alle volte lo spettatore si ritrova in uno stato confusionario tra il riso e il pianto amaro di chi ha vissuto quelle emozioni e, perciò, le comprende.
Le canzoni di “Inside”
Burnham, nel suo raccontarsi, propone una serie di riflessioni piuttosto profonde: si passa da una canzone che sottolinea come la tecnologia abbia salvato i nostri rapporti umani in questo periodo storico estremamente alienante e, allo stesso tempo, di come abbia contribuito a deumanizzarli (rendendoci tutti più nervosi e meno grati di chi e cosa abbiamo a fianco ogni giorno della nostra vita), ad un’altra che costruisce un panegirico parodico di Jeffrey Bezos e, ancora, ad una che illustra, con ironia e sagacia, le regole non scritte del sexting.
“Inside”, nella sua interezza, è un’opera musicale dallo spessore e qualità non indifferenti, e possiamo senza dubbio affermare come ogni brano racchiuda al suo interno molteplici significati.
La canzone Comedy, ad esempio, ci racconta di come sia difficile, al giorno d’oggi, poter ridere e scherzare su qualcosa; How the World Works, il più cabarettistico dei numeri, è una sottile critica al mondo moderno, raccontando di come la storia dell’umanità sia stata costruita sul sangue e di come ci venga insegnata in una maniera “classica” e “classista”; White Woman’s Instagram ci parla del funzionamento di un tipico account Instagram di una donna bianca moderna e di come l’uso dei social sia diventato una mera spettacolarizzazione del corpo e dell’apparenza; All Eyes On Me è il racconto straziante di una persona che soffre di attacchi di panico, un grido angoscioso di chi percepisce un mondo che sembra stia per finire.
Il messaggio psicologico
Alla luce di questo, è difficile definire “Inside” uno speciale comico: l’opera tenta di mantenere un velo costante di comicità, quasi a voler salvare l’estrema drammaticità della pandemia; contemporaneamente, è impossibile non percepire l’emotività del protagonista, facilmente identificabile con la nostra e con quello che abbiamo anche noi vissuto in quei giorni di chiusura.
Con il passare dei minuti, lo spettatore inizia infatti a vivere proprio quello che vive Bo, in ogni suo respiro, ogni sua lacrima, ogni suo flebile momento di speranza.
Per concludere, quello che Bo Burnham ha voluto comunicarci con questo piccolo capolavoro di un’ora e venti minuti, è di non sentirci alieni o fuori di testa quando la nostra emotività sembra tracollare oppure quando nulla sembra avere senso e tutto appare sbagliato. Possiamo dire a noi stessi che “va tutto bene” anche se non percepiamo più linearità, se perdiamo di vista chi siamo, chi abbiamo intorno; abbiamo attraversato un periodo storico che ci ha tolto tutte le più importanti necessità fisiologiche e psicologiche, come semplicemente prendere una boccata d’aria fresca, fare vita sociale, abbracciare chi amiamo.
L’abbiamo fatto e l’abbiamo fatto insieme. Bo ha voluto ricordarcelo. Ha voluto ricordarci che in questo non siamo mai stati soli.
A cura di Sara Alicandro – scrittrice, cinefila e saggista dello spettacolo
Supervisione e approfondimenti: Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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