Il bias cognitivo è un processo psicologico che porta le persone a crearsi una realtà soggettiva, fondata su interpretazioni e collegamenti mentali arbitrari.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
In psicologia, il bias cognitivo è uno dei processi mentali più affascinanti e studiati.
Bias è un termine inglese, che trae origine dal francese provenzale biais, e significa inclinato, obliquo.
Esso consiste nel creare, arbitrariamente, delle connessioni tra informazioni in una maniera del tutto soggettiva, non necessariamente corrispondenti con l’evidenza, e basate quindi su pregiudizi, conoscenze pregresse ed esperienze passate.
Il bias cognitivo, molto spesso, manca di oggettività di giudizio, è frutto di errori di valutazione ed è caratterizzato dall’unione di dati non prettamente correlati tra di loro.
Nonostante ciò, questo meccanismo psicologico viene utilizzato da ognuno di noi per facilitare il nostro vivere nel mondo, prendere decisioni in maniera rapida e categorizzare nella nostra mente le informazioni più facilmente.
Esempi di bias cognitivo
Esempi di questo processo mentale possono essere potenzialmente infiniti.
- Durante il periodo dei saldi nei negozi: un prezzo in saldo di un prodotto viene considerato, istintivamente, più conveniente rispetto al prezzo non scontato, anche se non possediamo l’informazione oggettiva del prezzo originale di partenza o del valore effettivo del prodotto. La nostra mente, quindi, dà vita a un bias cognitivo per velocizzare un processo decisionale: se costa meno, vuol dire che conviene acquistarlo.
- Pregiudizi basati su genere sessuale, etnia, religione ecc.: l’appartenenza a una determinata categoria, ad esempio uomo/donna, orientamento sessuale, etnia o religione, genera un bias cognitivo. La nostra mente rievoca, partendo da pregiudizi e conoscenze pregresse, una serie di dati per velocizzare la nostra interpretazione (positiva, neutra o negativa) della persona interessata, pur non conoscendola direttamente e quindi non avendo alcuna informazione oggettiva.
- Confermare idee pregresse: ogniqualvolta leggiamo o ascoltiamo notizie, la nostra mente tenderà a focalizzare l’attenzione sulle informazioni che confermano ciò che già conosciamo. In maniera del tutto arbitraria, quindi, creeremo dei collegamenti, anche forzati, così da potenziare le nostre idee pregresse e screditare quelle nuove.
Tipologie di bias cognitivo
- Ancoraggio: attraverso questo bias, una persona àncora la propria attenzione sulle prime informazioni in suo possesso, così da prendere decisioni velocemente;
- Apofenia: attraverso questo bias, si collegano tra loro dati casuali, sconnessi, non logicamente collegati. Esempi possono essere tutti quelli che riguardano la scaramanzia: se attraversa la strada un gatto nero, io lo collego alla sfortuna. Parliamo di due dati oggettivamente scollegati, ma che la mente unisce facendo nascere un’interpretazione della realtà;
- Bias di conferma: attraverso di esso, una persona tende a confermare dati già in suo possesso, ignorando o screditando altre informazioni; questo bias è alla base, ad esempio, delle credenze politiche o religiose;
- Bias del “senno del poi”: collegamento mentale che porta una persona a credere di aver saputo prevedere un evento una volta che questo si è verificato. “Te l’avevo detto io che non dovevamo fidarci di quel tipo!”;
- Bias del risultato: creando dei collegamenti mentali, si tende a rielaborare il passato e modificare le informazioni in proprio possesso, modificando anche i ricordi;
- Bias delle informazioni seduttive: se un’informazione viene acquisita in una maniera seduttiva e comunicativamente efficace, essa metterà le radici nella mente in maniera migliore, anche se il contenuto non è verificato o addirittura falso;
- Falso equilibrio: se si comparano due teorie o credenze, a volte la nostra mente tenderà a dare ad entrambe lo stesso peso, anche se effettivamente così non è. Se ad esempio una teoria è supportata da numerosi studiosi e un’altra da molti meno, avremo però la tendenza a percepirle in egual modo, dando valore ad entrambe o addirittura sopravvalutando quella meno avvalorata;
- Bias della positività o della negatività: attraverso questo bias, le persone tendono a creare collegamenti mentali esclusivamente tra elementi positivi o negativi, ignorando quindi tutte le altre informazioni e creandosi uno schema della realtà soggettivo, caratterizzato da estremo ottimismo o estremo pessimismo;
- Bias della proiezione: istintivamente, pensiamo che anche le altre persone la pensino come noi. Ogniqualvolta interagiamo con qualcuno, diamo per scontato che egli condivida le nostre stesse idee e convinzioni.
Esistono moltissime altre tipologie di bias cognitivi, che si differenziano per contenuto o meccaniche mentali che si attivano.
Ma quindi a cosa serve un bias cognitivo?
Generalmente, il bias cognitivo aiuta una persona a prendere decisioni in maniera rapida e a categorizzare le informazioni acquisite in maniera più agevole, anche a costo di commettere errori di valutazione.
E’ una meccanica del tutto umana, impossibile da sradicare, ma indubbiamente funzionale se utilizzata in maniera consapevole e autocritica.
La bravura di ogni singola persona deve essere infatti quella di mettersi in discussione, anche a posteriori, e comprendere se le proprie credenze, pregiudizi e conoscenze sul mondo siano effettivamente valide o frutto di collegamenti mentali forzati.
In psicoterapia, ad esempio, si lavora tantissimo sugli errori di ragionamento, ovvero su tutti quei collegamenti mentali disfunzionali, che la persona nel corso della vita ha creato e che hanno generato sofferenza, convinzioni limitanti, idee negative.
L’obiettivo è quello di rivedere e di rielaborare queste interpretazioni fallaci sulla realtà e creare nuovi schemi positivi.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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