La guerra è un archetipo psicologico che fa parte dell’essere umano da secoli. Scopriamo insieme quali emozioni, sensazioni e pensieri rievoca in noi.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
Il 22 febbraio 2022, con l’invasione dell’esercito russo in territorio ucraino, è iniziata una nuova guerra in Europa.
Al giorno d’oggi, già si contano numerose vittime tra militari e civili.
Con questo articolo non desidero, ovviamente, analizzare la situazione geopolitica, militare ed economica – lascio la parola agli esperti -, bensì, in qualità di psicologo, illustrare quelle che sono le emozioni, le sensazioni e i ricordi che la guerra, come archetipo, rievoca in noi.
La guerra come parte integrante della storia umana
La guerra, intesa nel suo significato più ampio, ha sempre fatto parte della storia umana, da secoli immemori. L’uomo ha sempre fronteggiato il suo simile, usando ogni forma di violenza e di strumento, dalla clava alla spada, dal moschetto al carro armato… sino alle bombe atomiche.
Essendo per sua natura un mammifero, l’uomo racchiude in sé, quindi, tutta la storia archetipica della sua classe animale e, per l’appunto, anche l’istinto a voler prevaricare sull’altro.
Se, in passato, queste forme prevaricatorie si “limitavano” a contendersi una donna o un territorio di caccia, nel tempo si sono trasformate in vere e proprie guerre tra popolazioni, spinte dalle più varie e (in)giustificate motivazioni: ideali religiosi, ideali politici, ideali razziali, esigenze economiche e così via.
La sensazione di essere “in guerra”
Anche se, attualmente, questo conflitto bellico non si stia consumando nel nostro Paese, la sensazione di essere “in guerra” è comunque attiva in noi. Come mai?
Televisione, radio, siti internet, social network: siamo bombardati – scusate il termine forse poco adeguato vista la situazione, ma è davvero necessario utilizzarlo – da continue notizie riguardanti la guerra in Ucraina.
Questa situazione, questo continuo flusso di aggiornamenti – anche talvolta non desiderati – genera la percezione che il conflitto si stia davvero svolgendo fuori le nostre porte di casa.
Non solo: è quanto mai fondamentale ricordare come in Europa, a seguito della seconda guerra mondiale conclusasi più di 80 anni fa, non si siano mai verificati conflitti tra nazioni, se non guerre civili (come ad esempio in Grecia o nella Ex Jugoslavia). L’invasione dell’Ucraina rappresenta quindi, per tutti noi, un risveglio improvviso dal torpore della pace.
Questo dettaglio, non da poco, rievoca in noi una memoria storica e inconscia che fa ormai parte della nostra collettività, proiettando sulle nostre vite l’oscura ombra del passato.
La guerra come archetipo di vita/morte
Anche se la maggior parte di noi non ha mai vissuto direttamente o indirettamente un conflitto bellico, conserviamo comunque nel nostro immaginario collettivo l’archetipo della guerra, che si attiva alla visione di immagini in televisione o alla lettura di notizie su internet.
La guerra ci mette dunque a stretto contatto con l’idea di morte, ci spinge a riflettere sulle nostre esistenze, ponderando sulla caducità della vita stessa.
Contemporaneamente, essa ci motiva inconsciamente a entrare ancor di più più in relazione con gli altri esseri umani, sviluppando in noi capacità empatiche e vicinanza emotiva con le persone in difficoltà.
L’incertezza, il non sapere quanto durerà e come si svilupperà, potrebbe generare anche emozioni di paura, rabbia, stress, tensione costante.
L’archetipo “guerra” stimola l’istinto di sopravvivenza, quella parte più conservativa che ci spinge a metterci al riparo da eventuali pericoli. Non a caso, nelle scorse giornate moltissime persone sono corse nei supermercati a fare la spesa – ci ricorda qualcosa? – o a fare rifornimento di carburante, temendo il peggio nel prossimo futuro.
Perché la guerra in Ucraina ci “attiva” così tanto, mentre gli altri conflitti no?
Secondo uno studio molto approfondito condotto dall’ACLED (Armed Conflict Location & Event Data Project), solamente nel secondo semestre del 2021 sono morti ben 5.000 civili e 18.000 militari in tutto il mondo. Ma da dove provengono tutte queste vittime?
La guerra in Ucraina, purtroppo, non è l’unica sul nostro pianeta: al giorno d’oggi, proprio in questo momento in cui sto scrivendo queste righe, in Israele, in Iraq, in Afghanistan, in Pakistan, in Libia e in Sudan, si stanno consumando conflitti bellici. Per non parlare di tutte le guerre civili, dispute territoriali, battaglie religiose o ideologiche e, non da meno, attentati terroristici.
Come mai, allora, la nostra psiche è così tanto “attivata” dal conflitto Ucraina-Russia e, magari, così poco recettiva a quello che accade nel resto del mondo?
Una considerazione che dovrebbe, in qualche modo, portarci a riflettere.
La distanza, la differenza di ideali, le diverse religioni, la non condivisione di uno stesso continente, molto spesso ci fanno inconsciamente percepire gli altri conflitti come “lontani”, come se non ci riguardassero.
Le stesse guerre civili, anche se presenti a poche migliaia di chilometri dal nostro Paese, vengono processate dall’inconscio come un qualcosa che non ci coinvolge, un pericolo che si consumerà come la fiamma di una candela nello stesso territorio in cui nasce, senza espandersi e raggiungerci.
Ma quando tutto ciò accade tra due nazioni, nel nostro stesso continente, ecco che l’ombra della guerra, i fantasmi del passato e l’archetipo di vita/morte risvegliano improvvisamente le nostre coscienze.
La guerra in Ucraina è solo una delle tante nel mondo ma, per i motivi sopraelencati, sembra essere la nostra e unica guerra.
Conclusioni
Come psicologo, e come essere umano, ripudio ogni forma di violenza.
Contemporaneamente, sono altresì consapevole che la guerra, racchiudendo in sé per definizione tutte le forme di violenza possibili, riesce a stimolare in noi consapevolezze, riflessioni, riaccende i sensi, ricordi perduti, ci fa entrare a stretto contatto con la paura della morte e con l’importanza della vita.
L’essere umano, per sua natura, evolve soprattutto grazie a difficili periodi di crisi. Così è stato e così sarà per sempre.
Sfruttiamo quindi questa buia pagina della nostra storia per riflettere su noi stessi, per comprendere al meglio le nostre priorità, i nostri bisogni, per dare il giusto valore alle nostre giornate.
Usciamo da schemi preconfezionati di “giusto o sbagliato”, “buoni o cattivi”. Lasciamo ai potenti la condanna della guerra e agli esperti i giudizi; non abbiamo, purtroppo, tutti gli strumenti per poter comprendere le sottili e intricate dinamiche economico-politiche che generano i conflitti bellici. Il dispiacere per le vittime innocenti… quello c’è e ci sarà sempre. Il nostro pensiero va a loro e, l’unico modo per onorarli per davvero, è concentrarsi invece sull’arte della vita.
Rendendo la nostra esistenza anche solo leggermente migliore, daremo il nostro minuscolo contributo per costruire un mondo più buono.
© A cura di Dott. Marco Magliozzi – Psicologo Bari
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